L’umore depresso si caratterizza per sensazioni di debolezza, mancanza di motivazione, pessimismo e solitudine. Ogni cosa appare sotto una luce negativa: sè stessi, il mondo e il futuro.
I pensieri si tingono di tonalità lugubri e morbosi in cui è il senso di colpa a prevalere costringendo al desiderio di una punizione.
Spesso si associano disturbi somatici funzionali e rallentamento psicomotorio.
A partire da Ippocrate già si riteneva che la malinconia fosse dovuta squisitamente ad un eccesso di bile nera che guastava il sangue.
Per capire il sottofondo depressivo è importante interpretare la metafora della bile nera e aprirla ad una rete di corrispondenze che hanno a che fare con gli umori densi, pesanti e neri. Evoca la figura di un albero che non germoglia e non dà frutti, una stagione invernale cupa e fredda il cui gelo mortifica la vita che ha perso ogni significato. Pervade un sentimento oscuro di inutilità, la fiducia è persa e la chiusura all’altro si fa necessità. Si è accompagnati dalla sensazione di una vita come impresa insuperabile alla stregua della vana ed eterna fatica di Sisifo, condannato a sollevare inutilmente una grossa pietra.
Sovente nei pensieri depressi si ritrova il motivo dell’essere povero o di diventare povero, che è un’altra metafora della perdita di libido, ovvero dell’energia vitale. Altrettanto importante è l’ambivalenza e l’aggressività in una perenne contraposizione tra il desiderio di un ideale di pefezione pieno di armonia e la distruzione aggressiva che gela ogni iniziativa, dove la paura rappresenta l’aggressività inibita e l’aggressività la paura attivata. Di conseguenza la depressione può diventare un’arma di una persona molto esigente che vuole vincere la battaglia senza combatterla.
La deviazione nell’aggressività nei circuiti depressivi può essere favorita dal grande senso di colpa, sia conscio che inconscio, che muove la rabbia degli impulsi aggressivi in tendenze autopunitive come alla chiusura e all’allontanamento dell’altro. Ritorna il motivo dell’essere povero, povero per la mancanza di relazioni interpersonali.
Aiutare una persona depressa comporta una lenta e silenziosa opera di costruzione storica della vita del paziente stesso. Aiutandoci sempre con le metafore è come la costruzione di una tela in cui ci si avvale dei diversi fili che passano alternativamente sopra e sotto la trama per comporre un tessuto compatto. La pazienza non è mai sufficiente ed è la sostanza principale per cui bisogna riuscire farsi un pò Penelope per correggere e rivedere ogni volta dall’inizio il valore dei fatti, delle vicende, degli avvenimenti. È un percorso a due, si fa insieme.
Insieme si compie la discesa ad inferos, nel mondo oscuro delle tenebre dove si vedono e si rivedono le tracce di vita abbandonate di cui ci si è disfatti. Insieme si comprende e si costruisce il senso delle cose attraverso la narrazione dei racconti per arrivare a sentirli intimamente e significativamente nostri. Il non detto a questo punto diventa detto, l’attesa diventa ascolto, la passività diventa accettazione della sconfitta in cui la perdita può diventare conquista.
Sempre insieme si risale alla luce e da qui alla reale possibilità di cambiamento.